L’arte ha sempre percorso i giardini. Quella classica di solito aggiungeva serenità e bellezza (tranne che a Bomarzo), a quella contemporanea capita invece di aggiungere inquietudine. Pone delle domande più che offrire delle risposte. La prima sfida progettuale in questo giardino vicino a Cadeo, nella pianura piacentina, era come collocarla e in che rapporto col verde. La seconda tentare di tenere il giardino in contatto col fiume che le scorre accanto, sfruttando la sua vegetazione riparia e le sue ombre. Tutte e due sono state risolte confondendo i confini tra le cose, mettendole in un rapporto informale. Le statue di Bob Wilson occhieggiano misteriose tra i gelsi del giardino o appaiono d’improvviso nelle ombre degli alberi lasciati fitti verso le acque. Le loro teste di lupo o di cervo sembrano presenze piene di interrogativi. I confini verso il fiume sono stati anch’essi sfumati, infittendo le piante per simulare il bosco fluviale. Al centro, per recuperare luce e serenità, una lunga vasca d’acqua in un grande prato offre la pace della geometria. E una fila di gelsi in linea di sbieco a tagliarla in due, cita uno degli alberi più tradizionali della pianura emiliana. Il progetto di Cadeo dimostra che la fedeltà al paesaggio naturale è possibile anche quando la committenza chiede l’inserimento di una collezione d’arte colta. A patto che le statue non vengano esposte come in un museo ma confuse tra le ombre della natura, quasi che ne facessero parte fin dal loro apparire.